Un dio sul pero presenta cinquanta brevi racconti composti da Italo Calvino tra il 1941 e il 1949. Dieci sono inediti. Quando esordisce con Il sentiero dei nidi di ragno o pubblica la prima raccolta, Ultimo viene il corvo, Calvino ha già dietro di sé molti testi che, riletti a distanza di tempo, gli appariranno come «scritti d’un’altra persona in cui però riconosco una consanguineità, un rapporto come tra padre e figlio, in cui il me stesso di venticinque anni fa è insieme figlio e padre del me stesso di adesso»: storie della Resistenza e apologhi politico-esistenziali, con rapide battute di dialogo; scritture a matrice umoristica e scritture disegnate, talvolta disposte a formare una serie. Immancabili una forte spinta immaginativa e un’ironia che sfocia anche nel paradosso. L’intento dell’antologia, scrive Bruno Falcetto, è «suggerire un diverso modo di guardare alla prima produzione calviniana di racconti. Innanzi tutto considerandola al plurale, come un insieme di prime produzioni»: una vera e propria mappatura dei diversi percorsi sperimentati dal Calvino ventenne o giù di lì, testimonianza della sua vocazione al contempo «robusta ed esitante, fra dichiarazioni spavalde e ammissioni di fragilità, sogni di gloria e senso del limite e del ridicolo, grandi visioni e disorientamenti», così come del formarsi di una precisa idea di letteratura, sollecitata da un incontro profondo e sfidante con la storia.
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