«Questo romanzo è il primo che ho scritto. Che effetto mi fa, a rileggerlo adesso? … come entra questo libro nella “letteratura della Resistenza”? Al tempo in cui l’ho scritto, creare una “letteratura della Resistenza” era ancora un problema aperto, scrivere “il romanzo della Resistenza” si poneva come un imperativo; … ogni volta che si è stati testimoni o attori d’un’epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale… A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l’avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d’un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo…»
Pin, che è riuscito a impossessarsi della pistola del marinaio tedesco, non la
consegna ai grandi ma decide di nasconderla in un posto segreto.
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